martedì 13 novembre 2007
Bisogna saper perdere
Si comincia da bambini, quando il tiro bene assestato di un avversario gonfia la rete che difendevi con le unghie e con i denti o quando credevi di avere il diario più bello della classe e invece quello della più antipatica delle compagne era il più ammirato e pieno di firme e cuoricini. Per non dire di quando il ragazzo che ti piaceva non ti filava per niente e ti chiedeva della tua migliore amica o di quando la squadra del cuore perde il derby con un secco 3-0. Ma già prima si impara a perdere, o forse meglio si comincia a capire che non tutto fila per il verso giusto e che tra volere e potere c’è una bella differenza: quando la mamma risponde un secco no – le mamme di un tempo, passatemi la nostalgia pedagogica – alla richiesta insistente di una bici nuova perché la nostra è fuori moda (ma il suo dovere di farsi pedalare lo svolge ancora in modo impeccabile) e l’amico di pianerottolo scorrazza con una nuova fiammante nel cortile. Ecco montare la frustrazione, dopo la resa, e una volta conosciuta via via ritorna.
Come quando il tipo che ti piace tanto si arrabatta a farti capire, a modo suo, magari arrancando, ma te lo fa capire che è il caso di farla finita. Ecco rispuntare la frustrazione, ma non soccombi subito. Ti attacchi a tutto: alle parole che non ti ha detto, a possibili (sicuri, fa meno male) fraintendimenti, a una strana sensazione che hai dentro che ti dice che non tutto è perduto perché tu ne sai più di lui sul suo conto e sui suoi sentimenti che non ha ancora capito a fondo. Ma tu sì e cerchi di arrampicarti sugli specchi dei se, dei ma, dei ma vedi per far capire anche a lui, il diretto interessato che ne saprebbe meno di te: che bizzarria psicologica! O invece non sarà un meccanismo – di difesa, ma pericoloso – che mette in azione il nostro cervello per non ammettere ciò che per chi sta fuori è chiaro come il sole: la sconfitta. “Bisogna saper perdere” cantava una vecchia canzone che la mia insegnante di ballo mi sussurrò nell’orecchio quando persi una gara e proseguì “Non sempre si può vincere”. Vero, brutto ma vero. E forse brutto brutto neppure lo è. Come diceva Proust i momenti più belli nella vita sono quelli in cui hai sofferto. Bisogna imparare a perdere e a perdersi. Sarà più dolce la vittoria e più bello ritrovarsi.

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posted by Sofia at martedì, novembre 13, 2007 | Permalink |


2 Comments:


  • At 26 novembre 2007 alle ore 01:51, Anonymous Anonimo

    Dai propri fallimenti si può sempre imparare, e quando si è toccato il fondo, bisogna risalire. La musica e la vita di Johnny Cash mi hanno dato conforto nei momenti difficili, quando stavo smarrendo il senso dell'esistenza. Se ne hai voglia, puoi visitare il mio blog, http://www.cashwriter.blogspot.com, così possiamo scambiarci opinioni

    Stefano

     
  • At 5 dicembre 2007 alle ore 12:33, Blogger Sofia

    Sì, risalire è un imperativo. Ce lo dobbiamo. Solo ripartendo da noi arriviamo e ritorniamo agli altri. Quanto ai modi, ai tempi, alle
    persone a cui ci ispiriamo per questo, ognuno ha i suoi.
    Carino il blog, complimenti. Tu continua a visitare e a commentare questo di Sofia